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Tempo fa stavo leggendo un libro, “Il gatto e la filosofia” (a cura di Steven D. Hales, edizioni Colla Editore) che parla appunto del rapporto tra filosofia e gatti. E’ un libro un po’ complesso, fatto di tanti argomenti. Uno su tutti però, mi ha colpito tantissimo.

In un capitolo specifico sull’amicizia uomo-felino l’autore racconta che una volta gli fu chiesto se avrebbe mai accettato di vendere il suo gatto per un milione di dollari.

Lui non ci aveva pensato nemmeno un secondo e avevano risposto “assolutamente no”. Come lui, moltissime altre persone non si separerebbero dal loro amico per niente al mondo.

Lui però, a quel punto incuriosito, ha cominciato a porre questa domanda ad altre persone a lui conoscenti: “e tu, venderesti il tuo gatto per un milione di dollari?”

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Beh, sorprendentemente, alcune di esse  avevano risposto che forse si, lo avrebbero fatto, che un milioni di dollari è una cifra ragguardevole e che comunque ci avrebbero dovuto pensare. Cioè, non avevano rifiutato l’idea.

Ecco, secondo lui, e anche secondo me, nella risposta a questa domanda  c’è la vera differenza tra chi considera il suo gatto come un membro della propria famiglia, come un vero e proprio affetto e chi  invece come qualcosa di carino, di piacevole, ma in fondo sostituibile, allo stesso modo in cui si può sostituire un’auto o un telefonino.

 

 

Questo post è dedicato a Ettore e Sissi, che non venderei per nessuna cifra al mondo.

 

 

 

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% Commenti (3)

eheheheheh ciao Paolina non avevo dubbi! 😉

No!! e neppure per 4 (4 gatti….)

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